J. J. Rousseau

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Insegnare l’eterogeneità per educare a stare al mondo

Dentro le aule scolastiche i bambini e i ragazzi incontrano il mondo e sperimentano tanti mondi. Colgono nei compagni modi diversi di essere bambini e adolescenti; intendono lingue e linguaggi differenti; intravvedono appartenenze e riferimenti culturali “altri”; vivono accanto a fragilità e a bisogni più o meno evidenti.

Il paesaggio educativo e scolastico è diventato nel tempo più complesso e plurale, abitato com’è da bambini e adolescenti  (e dalle loro famiglie) differenti per storia personale, forme e modi di socialità, abilità e talenti, modelli e educativi e idee di genitorialità.

La distanza tra i messaggi, i gesti e le scelte, propri dell’inculturazione e socializzazione primaria e famigliare e quelli che la scuola propone a tutti nel percorso di acculturazione e socializzazione secondaria e comune, si è fatta più profonda e richiede nuove e diffuse forme di mediazione, negoziazione e alleanze rinnovate. Così come si richiedono agli insegnanti attenzioni costanti verso gli uni e gli altri e una cura paziente, affinché si costruiscano buone interazioni fra bambini e ragazzi, uguali e diversi.

Noi della J.J. Rousseau siamo sempre stati attraversati dall’eterogeneità: delle storie, dei livelli di partenza, delle condizioni di vita,dei ritmi e modi dell’apprendimento. Oggi però lo siamo ancora di più perché dentro l’aula si ritrovano bambini con bagagli autobiografici non consueti, lingue e appartenenze variegate, fragilità che interrogano, “disturbi” ed esigenze specifici. E’ per queste ragioni che il nostro scopo pedagogico continua ad essere duplice: promuovere l’apprendimento di tutti e di ciascuno ed educare a “stare al mondo”.

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